La chiamavano nebbia

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  1. TemporaneaMemoria
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    Seth Clay
    Claymore
    IMMAGINE PG
    《Sangue chiama sangue, chiama sangue》


    Fuori c'è nebbia. Quel tipo di fuori e quel tipo di nebbia che penseresti sia impossibile dimenticare, invece, meno di una settimana dopo la cattura, te ne stai lì come un fesso a guardare oltre la rete. O cercare di guardare.
    Osservando il paesaggio ti verrebbe quasi da grattarti una chiappa, così, distrattamente. E, perchè no, lo faresti pure, se l'idea non ti provocasse un certo fastidio. Scostando la cucitura delle tue mutande, non stai facendo altro che scostare il filo sottilissimo di un tanga concettuale che è il Saint Stan.
    E' complicato. Ma molte cose al mondo lo sono.
    La Gabbia è il tanga dell'America, scomodo, imbarazzante ma sensuale, che giorno dopo giorno sprofonda sempre più in basso nella carne viva, spaccando la società. Da un lato i nostri confratelli, uniti sotto la bandiera della Resistenza. Dall'altro i Sapiens e le loro paure.
    Capisco quanto questi ultimi trovino ghiotta l'idea di riuscire a controllarci tutti. Come facciano a sentirsi al sicuro, sentendo in televisione che anche solo un'altro di noi è stato rinchiuso.
    Resta comunque una colossale stronzata. Noi siamo nati liberi. Non sarà questa Gabbia ad impedircelo. Nè le luci verdi. Nè tutte le guardie del penitenziario.
    Eppure, per quanto sia ridicolo, sorrido. Perchè sono ancora qui, proprio sotto la volta della Gabbia. Sono il topo da laboratorio, la cavia "libera". A portata di mazza elettrificata. Il freddo batte contro la rete.

    Bugia. Io non sono mai stata libera.

    Sollevo un braccio - un artiglio. Dita fra le maglie della rete e fronte premuta contro il metallo gelido. Solo una scintilla. La scossa percorre tutto il mio corpo. E' un attimo.

    Che senso ho?

    Barcollo indietro, rabbrividendo.
    Elettrificata.
    No - scuoto la testa. Mi osservo una mano. Sporca di nero, non riesco a spostare la piccola goccia sulla punta di un dito. Da sola posso fare ben poco contro il Saint Stan, e con altri non posso che essere di intralcio. Sono inutile. Non riesco a controllare i miei poteri.
    Il ciclo, la luna piena, possono fare ben poco contro quelle luci verdi, finchè non sarò in grado di volgere a mio vantaggio la situazione.
    Non voglio stare qui a piangermi addosso. No, non voglio perdere tempo così. Non serve a niente. Continuare a farsi del male non è una risposta.
    Scivolano le braccia lungo i fianchi e il corpo si abbandona a terra, pochi passi più in là della maledetta rete, della maledetta nebbia. Sembra tutto più dolce, più tranquillo. Non lo è affatto. Stringo i denti. Resto in attesa. Espiro un sospiro bianco e compare ancora una volta un ghigno sulle mie labbra.
    Mi serve tempo, solo tempo per capire come far funzionare questa macchina difettosa, questo corpo che non sembra affatto appartenermi.
    Fuori, quel fuori sconosciuto che non riesco a ricordare, si addensano nubi di quella che chiamavano nebbia.




    Edited by TemporaneaMemoria - 16/9/2016, 23:49
     
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