Bon Appétit

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  1. Lato-Tibby
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    barzellette.

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    Diversi anni? Pensai, e sono sicura dovesse essersi dipinta un'espressione di stupore tra i miei occhi serafici. Schiusi appena le labbra sottili, lasciandomi assorbire dai miei pensieri. Diversi anni in isolamento, chiusi in una cella con la tavolozza dei servizi a meno di due metri dalla propria branda, bombardati dalle verdi luci acide senza alcuna compagnia se non spesse pareti di metallo e nemmeno una finestra per guardare il cielo... Dicono che i prigionieri urlino, in isolamento. Che finiscano con l'impazzire... Avevo sentito quelle parole da un gruppetto di mutanti il giorno in cui ero arrivata al Saint Stan. Forse era per il fatto che mi fossero rimaste così intensamente impresse nella memoria che mi comportavo in modo tanto diligente. Forse una parte di me non desiderava affatto finire in isolamento, nemmeno per qualche giorno.
    Osservare le persone, anche se non potevo dire di avere molti amici e quindi spesso rimanevo in disparte, mi dava comunque un certo calore; la solitudine invece mi spaventava. Era il motivo delle cicatrici che avevo ai polsi.
    Al posto di questa ragazza quante volte avrei cercato di farla finita?

    Certo... - risposi alla sua affermazione sui badge, abbassando il capo - Hai ragione, chiedo scusa.

    Mormorai, afferrando la mela e strofinandola sulla mia divisa da detenuta per pulirla. Avrei preferito sbucciarla, ma sapevo bene che era impossibile procurarsi oggetti taglienti dentro la prigione, specialmente per un "soggetto a rischio" come ero considerata io. Imprimedomi il nome della più grande mutante, tornai a guardare quegli ampi e rotondi occhi da gatta. Erano furbi, quasi indifferenti a tratti e mi chiesi come potesse essere così tranquilla dopo tutto quello che aveva passato, ma soprattutto cosa avesse fatto di tanto orribile per essere stata segregata così a lungo. Dicono anche, però, che a volte quando si è in isolamento si perde la concezione del tempo...

    Me lo dicono spesso, sai? - risposi, sempre con il mio tono serafico e vago - Che sono "particolare". Lo dicevano i miei genitori e persino la guardia che è venuta a prendermi.

    Mi strinsi nelle spalle e finalmente morsi la mia mela rossa. Storsi il naso, delusa: nonostante il colore invitante e la consistenza succosa della pasta, non era dolce, ma acerba. Come quando ti avvicini ad una costruzione e sfiorandone le pareti ti accorgi che non è vera pietra, ma solo un'imitazione di cartongesso. Allontanai lentamente il frutto dal mio visetto e lo riposi sul vassoio.
    Avrei dovuto ripiegare solamente sul latte a lunga conservazione. Un magro pasto per una magra detenuta, ma oramai era inutile farci caso: così andavano le cose al Saint Stan.

    Non lo so di preciso. Credo un anno e mezzo, forse quasi due. Ma chi può dirlo? Non ti danno le medagliette al merito per quando superi i ventiquattro mesi di prigionia qui.

    Le sorrisi macabra, sotto la mia inquietante e nera frangetta.
     
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7 replies since 30/6/2016, 10:38   173 views
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