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  1. Giulia96
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    Ishtar

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    « La vita di ogni era scorre nelle mie vene. »


    Attesi pazientemente che la notte stendesse il suo manto scuro sulla città, avvolgendola nel quieto abbraccio che accompagnava la fine di ogni giornata. Nascosta nell'ombra, ero costretta a celarmi allo sguardo del mondo esterno, rintanata come un animale nella rete fognaria di New York sino a quando non calava la sera.
    Solo nel momento in cui il sole cedeva il proprio posto alla pallida luna osavo uscire allo scoperto, strisciando silenziosamente lungo i muri freddi e ruvidi delle case, percorrendo vicoli immersi nelle tenebre, alla ricerca del mio nutrimento.
    Ero braccata. Lo sapevo. Sebbene fossero trascorse diverse settimane dalla mia fuga da quegli orrendi laboratori che erano stati la mia prigione per alcuni mesi, dovevo seguitare ad essere cauta. Se desideravo vendicarmi degli umani che mi avevano strappata alla mia terra era imperativo che conservassi la libertà. Mi spostavo in continuazione, ma non era semplice: una sola notte rappresentava uno spazio di tempo troppo esiguo per permettermi di scegliere una preda, nutrirmi e tornare al sicuro, sotto il livello del terreno.
    Quella sera inoltre percepivo una spiacevole sensazione di pesantezza rallentare i miei movimenti: non ero solita ridurmi in quel modo. Detestavo essere debole, non vi ero abituata, ma sfortunatamente non sempre le mie battute di caccia andavano a buon fine.
    Tenermi lontana dai centri più frequentati spesso mi portava a non imbattermi neanche in un umano.
    Umani.
    Che esseri patetici. Bastava così poco per farli cadere nella mia rete e, come catturati da una pania invischiata, quando prendevano a dimenarsi era ormai troppo tardi. Avevo vissuto a lungo, li avevo visti combattersi a vicenda e combatterci una volta scoperta la nostra esistenza, ma infine tutti, tutti loro andavano incontro al medesimo destino. Ed io? Io permanevo. Come l'argenteo disco lunare che allora illuminava il mio cammino mentre i miei piedi nudi accarezzavano silenziosamente l'asfalto, osservavo immobile le ere del mondo avvicendarsi, l'oblio piombare sulle gesta di coloro che disperatamente cercavano di sottrarsi alla morte. I popoli insorgevano, i governi cadevano e la distruzione divorava tutto ciò che è fugace, perituro. Lo sfacelo che incombeva sul mondo tuttavia non incuteva timore a me.
    La vita di ogni era scorreva nelle mie vene: mi ero nutrita dell'energia dei secoli che mi erano scivolati alle spalle ed ero sopravvissuta, sempre.
    Illusi.
    Credevano di soggiogarmi? Sapevo essere paziente. Cento anni non erano che un mero battito di ciglia nella vita di un'immortale. citazioni improbabili da Thranduil lol
    Ma quella notte non potevo permettermi fallimenti: sentivo le forze venirmi meno. Non sarei riuscita a resistere ancora a lungo senza nutrirmi.
    Improvvisamente intuii, ai margini del mio campo visivo, una presenza. Scivolai lateralmente, facendo aderire la mia schiena al muro di una palazzina fatiscente, fiutando e scrutando quanto mi si parava di fronte.
    L'odore penetrante dell'alcol mi giunse alle nari.
    Rivoltante. Un ubriaco si era addormentato sdraiato in maniera scomposta su di una panchina, riparata da una misera pensilina.
    Avrei dovuto accontentarmi: non potevo permettermi di scegliere.
    Mi avvicinai con passo felpato, mentre i lunghi capelli mi accarezzavano la schiena ad ogni movimento. Quando fui sufficientemente vicina all'uomo esitai per un istante, sospesa in quell'attimo di attesa, pregustando il momento in cui avrei sentito il sapore del suo sangue sulla punta della mia lingua.
    Infine, portatagli una mano al collo e avvertite le pulsazioni del suo cuore sotto i miei polpastrelli, addentai la tenera carne in prossimità della carotide. Quasi non oppose resistenza, troppo stupito per realizzare quanto stava accadendo.
    Succhiai avidamente, prosciugando quel corpo macilento mentre le mie membra si scaldavano, acquistando progressivamente vigore. E poi ...
    Un rumore. Alle mie spalle.
    Mi voltai quasi ringhiando, pronta a difendermi.




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    Edited by Giulia96 - 26/6/2016, 14:11
     
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  2. Iago Blackwood
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    2d9

    La guerra era ormai iniziata.
    Mutanti, umani..ormai aveva poca importanza, nessuno era più al sicuro al mondo, chiunque era in pericolo adesso, bastava una stranezza nel comportamento, un qualcosa fuori posto, e si veniva rastrellati.
    Come Hitler fece con gli ebrei, ora gli umani facevano con i Mutanti, ciò che non capivano, ciò che non potevano spiegare, ora lo temevano, lo imprigionavano, cosi che perisse nella mera sfera della solitudine, delle vessazioni, dell'anonimato.
    Il mondo era asservito ai deboli, Magneto ne aveva fatto un baluardo tempo fa, ed ora la sua sorellina era rinchiusa in una squallida cella, ma l'avrebbe fatta uscire, avrebbe ridotto quella prigione in cenere se fosse stato necessario.
    Ma da solo non aveva speranze, le voci parlavano di sorveglianti, ma lui dubitava fortemente che quei sorveglianti fossero umani, nessun uomo poteva opporsi ad un mutante perciò la cosa puzzava, specie per i poteri telepatici di Katie, chiunque l'aveva presa doveva essere abile, tanto quanto lei, e ciò portava solo ad una conclusione, qualcuno sapeva, qualcuno aveva tradito la propria razza.
    Nelle strade deserte della notte, una figura si muoveva, era lui, indossava una veste nera col cappuccio, e sotto di essa una tuta che pochi conoscevano, particola, in polimeri ignifughi, utilissima per chi come lui bruciava qualsiasi vestito , e nel caso di una fuga era indispensabile.
    Era braccato, lo sapeva, era ricercato, lui, l'erede del potere della Fenice, colui che arde, impotente e fuggiasco, la cosa lo ripugnava, poteva trasformare in cenere ogni uomo o donna che si mettesse sul suo cammino, ma lo sapeva, sapeva che ad ogni sua azione Katie avrebbe patito un castigo simile, o addirittura peggiore.
    E quindi eccolo che fugge, striscia lungo la notte, nei vicoli ove vi trovavano spazio prostitute incuranti , uomini di malaffare, e gente poco raccomandabile, nessuno che però faceva caso a lui, un ombra come un altra nella notte.
    Quando un rumore di passi attirò la sua attenzione, era un plotone, e ben fornito, stavano sicuramente dando la caccia a qualcuno..e per farlo in quel grande stile era un mutante, non sapeva chi fosse, ma andò dietro agli uomini, che si fermarono ai piedi di una panchina, ove una donna sembrava bere dal corpo di un uomo.

    Qualcuno aveva sete...

    Si appostò dietro ad un cespuglio, non che non volesse aiutare la donna, ma doveva essere sicuro che nessuno lo vedesse in faccia e che nessuno scoprisse che era stato li.
     
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  3. Giulia96
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    Ishtar

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    « La vita di ogni era scorre nelle mie vene. »


    Trenta uomini armati si ergevano di fronte a me che, accovacciata presso il corpo senza vita della mia vittima, li studiavo attentamente, uno ad uno, nel tentativo di elaborare un'adeguata strategia di combattimento. Al fianco di Nadir avevo sottomesso interi eserciti: si trattava di altri tempi, certamente, quando gli esseri umani potevano avvalersi di armi ben più innocue di quelle impugnate dai componenti di quel plotone, ma aveva davvero qualche importanza?
    Potevano colpirmi, ma non potevano uccidermi. Non così. Mi sarebbe bastato allungare una mano per rubare loro la vita, per strappare ogni forza ai loro organismi osservandoli mentre si accasciavano al suolo come involucri vuoti.
    Sentii una piacevole energia correre sottopelle e irradiarsi in tutto il mio corpo. Lasciai che mi travolgesse, socchiudendo appena gli occhi mentre mi abbandonavo all'elettricità che pareva attraversarmi. Privo di qualsiasi freno imposto dalla volontà e dalla concentrazione il mio potere, la mia fame di vita non era più localizzata alle mani e alle labbra, ma mi avvolgeva interamente, come un'armatura impenetrabile.
    Sorrisi, nella bocca il sapore del sangue che avevo bevuto tanto avidamente.
    "Come osate, mortali, opporvi a me?" domandai, vagamente divertita, con tono solenne e un accento aspirato e ineliminabile che tradiva la mia provenienza, "A me, che neppure il tempo sa scalfire?"
    Fissai lo sguardo sul soldato che mi sembrò essere di grado più elevato: sorrideva beffardo, ignaro, cieco di fronte alla sua fine imminente.
    "ISH20013994 ... " esordì dunque l'uomo, elencando una serie di lettere e cifre che avevano ben poco significato alle mie orecchie, "Sei un esperimento di laboratorio speciale evaso in data 30/05/2025 senza apposita autorizzazione, uccidendo 3 medici, 6 sorveglianti e facendo altri 8 feriti. Abbiamo ricevuto l'ordine di recuperarti ai fini della ricerca."
    Mi rannicchiai ulteriormente, sibilando tra i denti in segno di sfida: i miei muscoli in tensione erano pronti a scattare e a proiettarmi contro il plotone.
    "Si mettono in gabbia gli animali, non gli dei." mormorai, ormai decisa a combattere.
    Prima ancora che potessero rendersene conto, piombai addosso a due uomini alla mia sinistra: aprii le mani sulle loro guance mentre frantumavo quei fragili crani l'uno contro l'altro. Facendo perno sulla mia gamba sinistra ruotai rapidamente su me stessa, per portare le labbra al collo della mia terza vittima e strappargli la giugulare. Nel frattempo strinsi in un abbraccio mortale un soldato piombato su di me per salvare il collega: si divincolava, patetico, mentre le forze lo abbandonavano per insediarsi nel mio corpo, rendendolo ancora più bello, ancora più veloce. Ancora più letale. Altre due vittime: con due baci mortali strappai loro vita e labbra, mentre piegavo il collo di un terzo uomo tra le cosce su cui la gonna lunga e leggera che indossavo era scivolata, lasciando scoperta una generosa porzione di pelle.
    Un proiettile. Due. Uno di quei dardi contenenti uno strano siero che era stato in grado di neutralizzarmi la prima volta.
    Ma non mi avrebbero avuta, non allora.
    Mi nutrii del loro capo, afferrando una manciata dei suoi capelli e inclinandogli la testa in modo innaturale, mentre il suo sangue mi rigenerava, scacciando il torpore che stava per impadronirsi di me. Con la coda dell'occhio notai alcuni di loro fuggire in direzione di un cespuglio. Ma ... Una figura.
    C'era qualcosa lì.
    Mentre distoglievo l'attenzione dal combattimento, un uomo mi colpì con il calcio della sua pistola. Caddi a terra, graffiandomi i palmi delle mani con l'asfalto. Le ferite guarirono rapidamente: d'altronde, mi ero appena nutrita abbondantemente. E c'era così tanto sangue fresco ad attendermi, ancora.
    Afferrai il braccio del mio aggressore, torcendoglielo dietro la schiena e lussandogli la spalla mentre assorbivo la sua energia attraverso il semplice contatto epidermico. Non ne mancavano molti, ce l'avrei fatta.

    Li uccisi tutti. Non ne risparmiai nessuno. Mi ergevo in piedi sul campo di battaglia, vittoriosa, ansimante ma piena di energie.
    Finalmente. Al massimo delle mie forze.
    Una dea.

    Guardai dunque in direzione della presenza che avevo percepito precedentemente, inarcando un sopracciglio. Non riuscivo a scorgere il suo viso, avvolto com'era dalle tenebre.
    "Mostrati." ordinai, restando in attesa.





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  4. Iago Blackwood
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    shia-labeouf-eagleeye-25Ciò che quell'essere stava facendo agli uomini dell'esercito era mera è propria cattiveria, ne aveva di forza da vendere, ed era incazzata, decisamente incazzata, come se le avessero fatto qualcosa di decisamente spregevole, eppure sembrava sveglia nel combattimento, per quanto la rabbia l'aveva pervasa, lei non parve minimamente perdere lucidità se non per colpa di quei diavolo di dardi che sputavano dalle loro effimere pistole.
    Dal cespuglio la vista del massacro appariva chiara e diretta, qualcuno sembrava averlo individuato e quindi si stava preparando ad uscire dal proprio nascondiglio , evidentemente aveva fatto qualche passo falso ed era caduto in trappola.
    Ma ciò che successe lo stupi, fu la donna a piombare sui nemici, la pelle scusa, gli occhi che seducevano e il bacio che portava via la vita a chi lo riceveva sembravano il frutto di un oscuro potere.
    Si mosse quindi in direzione della donna, tanto ormai era chiaro che anche lei era una fuggitiva, e una di un certo spessore, alzò quindi le mani mentre usciva dal cespuglio.

    Piano, non sono qui per combatterti donna..o almeno..non oggi, ciò che hai fatto è furbo..ma anche tragico, ora i prigionieri dell'istituto subiranno delle vessazioni... mmh... maledizione.. non potevi scappare e basta.?

    Domanda, ben consapevole che la donna non aveva molte soluzioni, ma lui deve fare la parte di quello tosto, o almeno ci deve provare, e di quello che cerca di seguire la retta via, per quanto essa non sia piacevole.
    La donna sembra decisamente poco incline all'uso delle buone maniere, e forse lui può abusare di questa sua abilità non propriamente citata, alla fine nulla è reale..e tutto è lecito nella lotta contro l'oppressione.
     
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  5. Giulia96
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    Ishtar

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    « La vita di ogni era scorre nelle mie vene. »


    Scrutai con aria interrogativa il volto del giovane uomo che si ergeva di fronte a me: si muoveva con cautela, con le mani alzate, quasi si trovasse di fronte ad una fiera bellissima e letale e cercasse, in qualche modo, di ammansirla. Le mie labbra si tesero sino a dipingere un ghigno beffardo sul mio viso mentre il mio interlocutore si avvicinava, cauto. Mi temeva, forse? Ne avrebbe avuto ogni ragione. Percepivo la sua energia da dove mi trovavo: socchiusi appena gli occhi quando intuii che non si trattava di un essere umano. Il suo potere ... potevo sentirlo a distanza. Mi investiva ad ondate successive e mi chiamava a sè, simile al canto di una sirena estremamente invitante di fronte alla fame insaziabile che scavava e scuoteva il mio corpo.
    Sicuramente quel giovane rappresentava un più appetibile bottino rispetto alle vittime che giacevano ai miei piedi, riverse nel loro stesso sangue che bagnava l'asfalto della strada.
    Ma le parole che il mutante mi rivolse mi confusero.
    Istituto. Prigionieri. A cosa si stava riferendo? Si fermò, a pochi passi da me, come se non osasse procedere. Come se intendesse mantenere le distanze.
    Fui io allora ad andargli incontro, con la mia andatura sinuosa, paziente e consapevole. Mi accostai a lui e gli sussurrai all'orecchio, mentre giravo intorno alla sua figura:
    "Tu non sei come loro."
    Ridacchiai, vagamente divertita dall'immobilità del ragazzo. Fui tentata di posare le labbra su quella mascella per rubare solo un assaggio, solo una stilla della sua energia vitale, ma non lo feci. Era giovane e, soprattutto, poteva servirmi.
    Allontanandomi dunque quanto bastava per permettere ai battiti del suo cuore di rallentare e di tornare ad assumere un ritmo normale, aggiunsi:
    "Tu hai il potere."
    Misi un piede sul petto inerte di uno degli uomini che avevo ucciso mentre mi abbassavo leggermente per fiutarne meglio l'odore.
    "Hanno lo stesso fetore dei corpi che ho dilaniato al laboratorio." mormorai, tra me e me, dopodiché mi rivolsi nuovamente al ragazzo.
    "Il laboratorio e le fognature di New York sono tutto ciò che conosco del vostro Paese. Qual è il tuo nome, mutante? Di quale istituto stai parlando?"
    Usai un tono imperativo, severo, com'era mio solito. Ero abituata ad ottenere ciò che volevo, pertanto rimasi in attesa di una risposta, fiduciosa del fatto che sarebbe arrivata.




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    Edited by Giulia96 - 26/6/2016, 16:08
     
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  6. Iago Blackwood
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    361e9f53-89f8-43c3-9930-df0d1c312cc5

    La donna si fece sempre più vicina, come se stesse studiando la sua preda, conscia però che davanti a lei non vi era un soldato ne tanto meno una vittima che sarebbe rimasta inerte ad osservare la propria fine come quei membri di laboratorio troppo idioti per capire contro chi o cosa si erano andati a mettere.

    I tizi che hai ucciso..

    Indica gli uomini stesi a terra, alcuni fatti a pezzi, alcuni morti per le ferite, insomma il piccolo massacro che si era appena concluso, qualcosa che sicuramente avrebbe fatto scalpore.

    ...Stavano parlando di un laboratorio... dimmi...sai altro a parte aver ucciso chi ti ha creato? Vorrei informazioni su questo laboratorio per verificare una mia teoria.

    Si accarezzò la testa, abbassando il cappuccio, sembrava che la donna non conoscesse la prigione di massima sicurezza dove i mutanti venivano costretti a stare prede di vessazioni e patimenti, era strano che qualcuno ignorasse l'esistenza di un simile posto, ma d'altro canto la donna sembrava poco umana quanto tanto mutante, e se quegli uomini avevano parlato di esperimento. probabilmente erano anni che non vedeva la luce del sole o che mangiava qualcosa di decente.

    Vieni con me se vuoi vivere.. io sono la sola cosa che ti separa dal finire nelle loro grinfie.. oggi ti sei salvata per un pelo, Con me.. saresti al sicuro, neanche si erano accorti che ero alle loro spalle, posso insegnarti qualcosa, come tu puoi insegnarla a me.

    Rimarca quindi, osservandola negli occhi, occhi profondi, occhi che sapevano di grinta e tenacia, malgrado fosse un assassina a sangue freddo, era fondamentale per la resistenza, ma non avrei mai permesso che lei sapesse che ne faceva parte fino a quando lei stessa non si sarebbe dimostrata una persona leale.

    Oppure decidi.. di affrontarmi... ma attenta.. non svegliare il can che dorme dice un detto..
     
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  7. Giulia96
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    Ishtar

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    « La vita di ogni era scorre nelle mie vene. »



    Il ragazzo sembrava sinceramente interessato a carpire maggiori informazioni riguardo al laboratorio, ma le sue deduzioni in merito si rivelarono completamente sbagliate. Pensava davvero che io fossi il risultato di un esperimento scientifico? Che gli uomini mi avessero plasmata riuscendo ad imitare la perfezione a tal punto?
    Aveva evidentemente una troppo alta stima dell'intelligenza e delle capacità degli esseri umani.
    "Chi mi ha creato? Tu credi le mie abilità possano essere il prodotto della patetica arroganza di questi mortali?" domandai dunque, senza distogliere gli occhi dai suoi.
    Mi avvicinai nuovamente a lui, sempre muovendomi con misurata lentezza e seducente eleganza. Quando fui a pochi centimetri dal suo volto mormorai, sulle sue labbra:
    "Mentre Nadir Shah conquistava Afghanistan e India settentrionale, io combattevo al suo fianco. Mentre la dinastia Qajar spostava la capitale a Teheran, quando gli usurpatori inglesi e russi si spartivano la Persia stabilendo le rispettive sfere di influenza, io attendevo, nascosta nell'ombra. Quando la Brigata Cosacca marciò sulla mia bella terra, uccisi tutti i sovietici che riuscii ad attirare nella mia rete. Ho più secoli alle mie spalle di quelli che attendono l'intera razza umana."

    Accostai una mano al suo petto, senza sfiorarlo davvero.
    "Io sono Ishtar e nessun mortale potrai mai vantarsi di avermi creata ... o distrutta. Giovane mutante, non ho bisogno della tua protezione. Ho il potere di prendere la vita e di donarla."
    Lo sentivo fremere sotto il palmo dell mia mano: era rabbia o paura la sua? Mi sarebbe bastato sfiorare la sua pelle e avrei avuto un assaggio delle capacità che aveva minacciato di utilizzare contro di me.
    "Non temere, ragazzo, non mi nutrirò di te. Voglio solo sentirti. Non ti farò del male." lo rassicurai, cedendo alla tentazione di posare fugacemente un polpastrello sulla carne tenera del suo collo. Si trattò di un breve istante: sentivo il palmo della mia mano bruciare. Lo scostai e, incuriosita, lo girai verso l'alto, mentre producevo e controllavo una piccola fiamma che sembrava sprigionarsi direttamente dalla mia pelle.
    "Il fuoco, dunque, corre nelle tue vene." dissi in un soffio, ammirata. Infine fissai i miei occhi nei suoi:
    "Mi hanno presa, neutralizzata e studiata. Quei folli ... Conoscevano il mio potere, sanno che posso rigenerarmi attraverso l'assorbimento dell'energia vitale altrui. Cercavano un modo per combattere i mutanti e per sintetizzare delle proteine speciali a partire dal mio dna, nel tentativo, forse, di elaborare un presunto siero dell'immortalità. Non so altro, se non che ho ucciso tutti coloro che ho trovato sul mio cammino. Dimmi il tuo nome, ragazzo. E parlami di questo istituto." intimai.



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  8. Iago Blackwood
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    shia-labeouf

    La donna si avvicinò ulteriormente, sembrava incuriosita da ciò che avevo dentro, come se lo sentisse, come se avesse il potere di vedere attraverso lo strato di carne e ossa, era come se qualcuno ti vedesse per come eri in realtà, le sue dita si posarono su di me e immediatamente una strana sensazione, come di benessere, ma un benessere dalla quale trovare al più presto una via di fuga.
    Lei, cosi selvaggia, cosi seducente, nascondeva in se un potere molto più oscuro di quanti ne aveva mai incontrati, non era una semplice mutante, no, lei era addirittura un gradino sopra ai mutanti stessi.

    Mmh... si.. il fuoco mi scorre dentro.. e non solo nelle vene oserei dire..

    E li lascia che la donna tragga le sue conclusioni mentre ammira la fiamma che sprigiona dal dito, in fin dei conti lui è sempre stato attratto dal fuoco, e quel fuoco veniva da due poteri, che sembravano mescolarsi come a voler creare una chimera.

    Il Saint Stan è un istituto dove rinchiudono quelli come me e te, gli umani ci stanno segregando come i Nazisti fecero con gli Ebrei e i Turchi con i Curdi.. ma stavola io non ho intensione di stare a guardare la mia gente morire.. devo entrare la dentro.. ridurlo in cenere se sarà necessario. .ma devo tirare fuori di li mia sorella, e tutti quelli che riuscirò a tirare fuori, unisciti a me.. combatti per qualcosa..combatti per uno scopo, salva la tua razza.

    Ovviamente non si aspettava una risposta rapida, la donna sembrava più studiarlo che altro, eppure da lei si sentiva attratto, quella donna era un ammaliatrice, o forse era solo un uomo che guardava una donna?.
     
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  9. Giulia96
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    Ishtar

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    « La vita di ogni era scorre nelle mie vene. »



    Saint Stan. A giudicare dalle parole del ragazzo, sembrava trattarsi di un centro di reclusione per mutanti.
    Era lì dunque dove tenevano prigionieri i miei fratelli e le mie sorelle. Era lì dove gli umani esercitavano il proprio arrogante e ridicolo delirio di onnipotenza su coloro che sarebbero dovuti essere loro superiori per natura. Il Saint Stan. Ripetei mentalmente a me stessa quel nome più e più volte, come se intendessi farlo veramente mio, assimilarlo e sprofondarlo nel mio rancore.
    Un brivido di piacere corse lungo la mia schiena. Avevo combattuto tante guerre, ma nessuna mai mi aveva vista schierata contro l'intera razza umana.
    Avevo atteso a lungo nell'ombra un'occasione del genere: che i tempi fossero finalmente maturi? Ma se mi fossi schierata, ero sicura che l'esercito di mutanti di cui sarei entrata a far parte avesse le capacità e la determinazione necessarie a vincere? Dovevo scoprirlo.
    "Hai mai ucciso, ragazzo?" domandai dunque, con voce carezzevole e seducente. "Scoprirai che è inebriante."

    Mi passai la lingua sul labbro superiore, come a rievocare la piacevole sensazione della carne calda delle mie vittime che cedeva sotto al mio morso letale, e del loro sangue che mi riscaldava. Il giovane mutante mi seguiva con lo sguardo, irrimediabilmente attratto dalla mia figura.
    "Devo sapere fino a che punto sarai disposto a spingerti pur di salvare tua sorella. E come reagiresti ... qualora tu la perdessi. Perchè devi sapere una cosa, mio caro ..." mi avvicinai a lui, tanto da fargli percepire il mio respiro caldo sul suo viso. " ... una volta che imbocco una strada, non sono disposta a tornare sui miei passi."
    Inclinai leggermente il volto, schiudendo appena le labbra, come a fargli presagire un bacio.
    "Quanti siete? Quanti di voi hanno trovato il coraggio di opporsi alla tirannia degli uomini?"
    Immobile, percepivo i battiti accelerati del suo cuore.
    "Sei così giovane, ragazzo ... Resta al mio fianco e avrai un assaggio di eternità." soffiai sulla sua bocca.


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  10. Iago Blackwood
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    200_s

    Ciò che la donna stava dicendo non era certo una novità per lui.
    Era un ricercato, era colui che chiamavano Phyro , uccidere? Ne aveva uccisi, e parecchi di uomini, ma solo coloro che riteneva necessario, solo coloro che osavano levare le armi contro di lui, sapeva cosa si provava, quel guscio di potere, quella sensazione di immortalità e di potenza che ti scorreva nelle vene, come le sue fiamme scorrevano lungo la sua pelle.

    Ho ucciso, e parecchie volte, altrimenti non girerei di notte guardandomi le spalle.. non credi ..Dea?

    Ora iniziava a chiamarla col suo nome, alla fine era lei la Dea, e tale sarebbe stato ora il suo grado, ma di certo non bastava quello per convincere il ragazzo a trascinare la sconosciuta nella resistenza.
    Il suo volto s'incupì quando parlò della sorella, anche se era a conoscenza di quella probabilità, ma in quel caso sapeva bene quale sarebbe stata la missione.

    Mia sorella è una telepate, liberiamola dalla sua gabbia e renderà il mondo schiavo ai suoi piedi, forse neanche tu potresti opporti al suo volere, e se il suo sangue scorrerà..scorrerà il sangue del suo carnefice, e di tutti coloro a cui era legato.. sradicherò quella prigione dalle fondamenta la farò implodere da dentro se sarà necessario.. ma gli umani capiranno contro chi si sono messi.

    Avverte la strana sensazione di averla vicina, cosi attaccata alle sue labbra che però non osa toccare, ha visto che effetto fanno addosso alla gente, e lui non vuole sperimentare ancora.
     
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  11. Giulia96
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    Ishtar

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    « La vita di ogni era scorre nelle mie vene. »



    Sentivo il suo respiro caldo sul mio volto mentre il ragazzo mi parlava di morte, di sangue, di fuoco e distruzione.
    L'energia vitale che riuscivo a percepire a pochi centimetri dalle mie labbra e il tono deciso della sua voce, unitamente alla fiamma di determinazione che animava il suo sguardo furente e assetato di vendetta, mi inebriarono.
    Sua sorella, una telepate. Nei primi decenni del secolo precedente molti mutanti dotati di questa straordinaria abilità avevano fatto parte del mio seguito. Mi ero nutrita più volte del loro potere, senza mai ucciderli, desiderosa di sperimentare le infinite possibilità della mente. E allora ero davvero diventata letale, bellissima ed inarrestabile come una dea in grado di decidere le sorti dell'umanità tutta, capace di piegare le mie vittime anche a distanza.

    Una dea.
    Così mi si era rivolto il mio giovane interlocutore.

    Quando tacque fu il mio turno di prendere la parola. Non si fidava di me, riuscivo ad intuirlo dalla tensione del suo corpo: come una predatrice avevo affinato, nel corso dei secoli, le mie capacità di osservazione. I miei sensi, sempre all'erta, difficilmente mi tradivano.
    Teneva il mento in alto, il giovane mutante, come se temesse la vicinanza delle mie labbra dopo il crudele spettacolo cui aveva assistito.
    Sorrisi, consapevole. Terrore, rispetto, venerazione. Vi ero abituata.

    "Posso farlo. Io posso aiutarti." mormorai, scoprendo leggermente i denti, come a sottolineare la verità di quella asserzione, "Indicami il tuo nemico ... sarà il mio. Chi minaccia i miei fratelli e le mie sorelle andrà incontro alla più cruenta delle morti."
    Sospirai, afferrandolo saldamente con la mano in prossimità della mandibola così da fargli aprire appena la bocca.
    "A me spetta il potere di rubare la vita o di donarla. Posso renderti più forte, se lo desideri. La mia energia sarà la vostra ... e la vostra la mia, quando ne avrò bisogno. E insieme saremo immortali. "
    Schiudendo le labbra abbassai leggermente le palpebre, mentre cedevo al giovane mutante una parte delle forze che avevo accumulato grazie alla fruttuosa caccia di quella notte. I miei polpastrelli diventarono roventi mentre il potere del ragazzo e la sua capacità di controllo crescevano a dismisura.
    "Senti l'energia che scorre dentro di te, il fuoco ... la vita."

    Accennai un sorriso: lo sentivo fremere sotto di me. Interruppi il contatto prima di diventare troppo debole.
    "Aiutami a disfarmi dei corpi, ragazzo." feci un cenno rivolto ai cadaveri che giacevano sull'asfalto, macchiandolo di sangue umano, turpe, patetico, " ... e poi portami dai nostri simili. L'alba si avvicina."





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