Kaya Runciter - Premonition

Name: Kaya, nome originario dei nativi del Nord America. Significa "sorella maggiore". Le fu dato perché a sua madre piaceva tanto il diminutivo "Kay" e sperava che, in futuro, chiamassero così la figlia. Surname: Runciter, come il cognome del protagonista di Ubik di Philip Dick. È composto dalle parole "run", verbo correre, e "citer", ossia: citazione, richiesta, istanza. Nickname: Premonition. Age: 14 anni. Dateofbirth: 7 febbraio 2011 Birthplace: New York City X-power: Precog: riesce a percepire il futuro. Non è tuttavia in grado di cambiarlo, avverte semplicemente ciò che è certo accadrà e non può essere evitato. Questo le permette unicamente di prepararsi mentalmente alle situazioni future, ma dà al suo carattere anche una sfumatura di accettazione quasi serafica. Teoricamente il potere potrebbe essere controllato ed estendersi a qualunque realtà presente, ma Kaya, che non ha frequentato la Xavier School, non sa controllarlo né lo conosce così a fondo.
Ciò si traduce, quindi, solo in fugaci - ed improvvise - premonizioni sul futuro che la riguarda personalmente, terzi individui a lei non legati non possono, ad ora, venire analizzati o compresi nelle sue visioni. Mutante Beta con potenziale Alpha.

Background: Robert Dawson si sistemò la pistola automatica nel cinturone. Lui e la squadra del Saint Stan avevano perlustrato per una settimana la piccola casetta del quartiere residenziale Newyorkese. Si erano messi ad annotare gli spostamenti dei vicini, avevano memorizzato gli orari del netturbino e catalogato ogni abitudine della famiglia Runciter. Quel giorno bisognava agire.
Non era un particolare amante di quelle situazioni. Certo, quando sei un poliziotto devi obbedire qualunque cosa il tuo governo ti imponga di fare. Non hai realmente una scelta, ma questa cosa di dover prelevare dalle proprie case persone normali... Lo metteva sempre un po' a disagio.
"Non sono persone normali, Robert. Sono mutanti, come tali un pericolo per noi esseri umani" gli diceva sempre Philip Dachard, il suo collega. Lo faceva con un tono di sufficienza, probabilmrnte credeva che Dawson fosse stupido. Eppure io non ci vedo nulla di criminale... Si disse.
Scosso dai suoi pensieri, controllò l'orologio: era ora d'agire. Si avvicinò al portone della casa segnata e suonò il campanello, come da protocollo: un criminale che collabora con la giustizia è sempre meglio di un criminale che non si fa stanare. Perlopiù faticherai di meno nel prenderlo.
Non vi fu però alcuna risposta, nemmeno dopo la seconda, terza, quarta scampanellata. Del resto non sono scemi: chi aprirebbe la porta a qualcuno che vuole portarti al Saint Stan? Quel luogo mette i brividi. Ciò significava che sarebbe stato costretto ad usare la forza, e a quel pensiero il nervosismo crebbe nell'uomo burbero. Allungò una mano verso la maniglia del portone, giusto per sicurezza e, con sua enorme sorpresa, la portà si aprì senza alcuna resistenza. Non era stata chiusa.
Strano, davvero strano... Robert si girò verso gli altri poliziotti e fece loro cenno di seguirlo. Sfilò la propria arma, togliendo la sicura e si inoltrò nella villetta apparentemente vuota. Si avviò lentamente, ginocchia piegate e viso coperto dall'elmetto nero. Tenne le spalle a filo con il lungo muro del corridoio, avanzando con la massima cautela, ma, quando arrivò in salotto, Robert Dawson si bloccò, interdetto.
Una ragazzina sedeva composta sul divano, aveva capelli corti e corvini, a caschetto con una frangia disordinata e portava un nastro nero al collo come fosse una stravagante collana.

Salve Signor Dawson - disse, laconica. Un brivido gelò il sangue del poliziotto: come sapeva il suo nome? - Siete qui per prendermi, vero? Immagino che laggiù non avrò bisogno delle mie cose, ma posso portarmi questo nastrino?

Indicò la seta nera sul suo collo sottie, ma un che, nel tono con cui la ragazzina pose la domanda, faceva intendere che la risposta dell'uomo non avrebbe avuto importanza. Come se lei già sapesse cosa l'attendesse dal loro incontro in avanti. Si alzò dal divano, avvicinandosi al grande poliziotto, affatto intimorita dall'arma carica che ancora Robert le puntava addosso.

Dove è la tua famiglia? Siamo qui per tutti voi... - biascicò a fatica Dawson, chinando il capo per guardare più da vicino la piccoletta.

Oh lo so, lo so che siete qui per tutti. Ma loro non ci sono, se ne sono andati poco fa e non mi hanno detto dove si sarebbero diretti, mi dispiace signor Dawson - rispose lei, con un sorriso eloquente - Non lo ho voluto sapere. Così non potrò dirvelo, non è ovvio?

Sorrise, quasi tutta la vicenda fosse solamente una farsa divertente, o una paradossale commedia pirandelliana fatta di scambi verbali e dialoghi strampalati. Sussultò, l'uomo, quando ponendo la manina sulla canna della pistola, la ragazzina gli afferrò una delle due mani stringendola delicatamente.

Su', andiamo. Al capo Krane non piacciono i ritardatari. Dico bene?