Complex Systems

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  1. Lato-Tibby
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    Eccoli, i rumori, tornati nuovamente a scalfire i suoi sensi, come se non se ne fossero mai andati: i ticchettii di scarpette di una signora, il mormorio indistinto di uno o due passanti. La stazione era ancora vuota, lucida e asettica agli occhi di Aku: come l'aveva creata nel suo mondo la mutante così era rimasta, ma se prima era stata innaturalmente silente, al punto dal fargli accapponire la pelle, ora i rumori erano tornati a rassicurare, in parte, quella sensazione di anormale inquietudine che pervadeva la figura dell'uomo. La donna sparì nuovamente alla sua destra, per ricomparire insidiosa con una mano poggiata alle sue spalle dietro di lui, abbastanza lontana dallo sfuggire ad una qualsiasi mossa marziale, ma vicina quel poco che le bastava per toccarlo.
    Si sta forse concentrando su di me? È per questo che ha rinunciato ad attutire i rumori dell'ambiente? O si prende solamente gioco dei miei sensi? Ciò che lo stava toccando era reale o finzione? Non aveva mezzi per comprenderlo, Aku, il mutante che deviava la realtà fisica degli oggetti, deviato a sua volta da chi possedeva un potere di illusione molto più insidioso.

    Loro? - ripetè, laconico - Sono esseri umani. Come tutti, anche tu ed io.

    Chinò di lato il capo, ruotando lentamente il busto verso la donna dagli occhi grigi, dando le ritte spalle alle rotaie scure. Un sorriso ironico apparve, per brevi istanti, sulle labbra di Aku.
    Gli esseri umani gli avevano tolto ogni cosa: la propria famiglia, una casa in cui vivere al sicuro, June... Ma l'hawaiano non li odiava: sebbene in lui, oltre al vuoto dell'animo, frustasse materica una rabbia antica, l'uomo non indirizzava tale impulso contro le altrui vite. Riusciva a distinguere chiaramente le proprie emozioni, la personale esperienza del suo corpo, dalla fisica che governava il mondo. Sapeva bene, Aku, che non tutti gli uomini erano malvagi, che lui stesso era uno di loro; non una creatura che, in virtù dei suoi poteri, poteva vantare presunte superiorità razziali.
    C'era del buono sulla Terra, questo il Professore lo diceva sempre. E sebbene Aku non credesse piu, oramai, alla bella favola degli x-men, ciò non significava che fosse un guerrafondaio. C'era del bene nell'umanità, così come in essa si annidava il male. E l'unico modo per raggiungere la tranquillità di una mente empia era vivere nella più assoluta anonimia, rifuggendo entrambi. Proprio come Aku faceva.
    La verità era che, anche se lo avessero rinchiuso nella più piccola cella mai costruita, ad Aku non sarebbe importato nulla: il suo equilibrio era qualcosa che nessuno, dall'esterno, poteva intaccare.
    Osservò attentamente la donna attraente, chiedendosi se quello fosse realmente il suo aspetto o solo l'ennesima illusione. Potrebbe essere una vecchia, per quanto ne sappia... Potrebbe essere persino un uomo che sfrutta l'attrazione fisica per stanare quelli di noi che non vogliono essere trovati... Non rispose al suo ultimo dire, se non con un'altra, pacata seppur ferma, domanda.

    Come sai il mio nome?

     
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