Posts written by *Persephone*

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    Deirdre C. FitzGerald -
    D#1

    « Dio è nella pioggia. »


    Quella ragazzina mi faceva tenerezza. Ed era strano. Non provavo tenerezza da mesi, anni. Era una debolezza, lo sapevo bene.
    Da quando ero stata catturata e, per sfregio, sbattuta in isolamento, mi ero imposta un'autodisciplina estremamente rigida, fatta di freddezza, cinismo, sarcasmo ed educazione, va da sé.
    Osservavo e ascoltavo i carcerieri che mi ronzavano intorno senza mai farmi condizionare dalle loro vite.
    I novellini sarebbero stati i più facili da irretire: parlavano tra di loro pensandomi troppo rabbiosa o sfinita per ascoltarli. Mi permettevano di raccogliere informazioni, dati, nomi. E, si sa, i nomi hanno grande potere.
    Mi guardai intorno cercando di cogliere la massa di umanità che si stagliava in quella prigione.
    Non devi scusarti Kaya.
    Sorrisi più dolcemente e le poggiai una mano leggera sul ginocchio.
    Non voglio insegnare niente a nessuno, ma se vuoi un consiglio mi permetto di dartelo: non permettergli di spezzarti. Usa il tuo cervello per raccogliere più informazioni possibili. Qui dentro le informazioni sono la miglior moneta.
    Avevo tenuto un tono normale, quasi divertito, abbassando impercettibilmente il volume della voce.
    Non è facile vivere qui dentro, ma ricordati che non sei soltanto una mutante, sei anche una persona, e come tale puoi sopportare tutto ciò che questi ti fanno per annientare la specialità che c'è in te.
    Avevo notato che la maggior parte dei prigionieri era decisamente giovane. Tragico. Banale quasi.
    I più piccoli erano sicuramente più facili da catturare rispetto ad adulti ben addestrati. Ricordai il giorno del mio arresto: avrei potuto fare danni e scappare, ma non volevo che si rifacessero sui miei genitori, non me lo sarei mai perdonato.
    Non mi soffermai sul loro ricordo troppo a lungo, non volevo star male più di quanto avessi voglia.
    Mi stiracchiai le braccia ed il busto prima di fare lo stesso con il capo.
    I miei poteri erano a quota -1 in quel posto fatto di neon ma sentivo un minimo di linfa mutante scorrere ancora. Avrei potuto creare qualche fastidio alle guardie, ma non era il caso: non solo avrei rischiato che scoprissero esattamente il mio potere, ma avrei ottenuto una qualche punizione poco piacevole. No. Non era ancora il momento.
    Non passerai tutta la vita qui dentro Kaya.
    La mia non era una di quelle frasi fatte che si dicono tanto per tranquillizzare la gente. Ne ero convinta. Forse una squadra della Xavier o un gruppo di quella fantomatica resistenza... Ero certa che prima o poi qualcuno si sarebbe ricordato dell'esistenza di noi poveracci, soprattutto dei giovanissimi mutanti che avevo davanti.
    Vidi passare una guardia che faceva la ronda e feci un mezzo sorriso.
    Ciao Harry.
    Posso chiederti una cortesia?

    Informazioni: nome, posizione, carattere. Harry non aveva più di 25 anni, era gentile, educato e lavorava in quel bel posticino da meno di tre mesi.
    Si volò verso il nostro tavolo e fece un sorriso piccolo piccolo, quasi invisibile.
    Cosa vuoi.....pr-prigioniera?
    Oh le apparenze. Solitamente si fermava anche a chiacchierare, ma lì non poteva certo fare chissà che; era già un gesto gentile il fatto che non mi avesse chiamato col numero di matricola.
    Avrei bisogno di parlare con Kane. Potresti farglielo sapere?
    La seconda parte l'avevo quasi sussurrata. Non era buona cosa farsi sentire a voce troppo alta. Anche i muri avevano orecchie e solo alcuni di essi erano positivi.
    Harry annuì appena prima di proseguire senza rispondere.
    Tornai a concentrarmi sulla mia commensale e le sorrisi.
    Perdona l'interruzione, ma era l'unico momento....
    Da dove vieni?

    Chissà cosa stavano provando i suoi genitori in quel momento, chissà quanto mancava loro la splendida giovane che aveva davanti. Se lei fosse stata madre e le avessero strappato un figlio, probabilmente avrebbe dato di matto.












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    Daniele che ha superato i trenta, benvenuto!
    Mi fai sentire GGGGIOOOVANE *_*
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    Ciao Torinese :*
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    Benvenuto Andrea!!!
    Tranquillo credo sia normalissimo un periodo di ambientamento.
    Oltretutto le admin sono disponibilissime a dare una mano quindi eventualmente le stalkerizzi come abbiamo fatto noi prima di te :)
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    Batman...
    Batman è uno dei miei supereroi preferiti: oscuro, tutt'altro che puro (stile Superman *tira testate contro il muso*), dalla psicologia assolutamente intrigante. Se poi ci mettiamo uno come Bale negli ultimi film, si capisce che diventa perfetto.
    Ma sto divagando... Benvenuto :)
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    CITAZIONE (€nder @ 14/7/2016, 17:25) 
    Ti diverti il doppio u.u

    Gne gne gne!
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    CITAZIONE (€nder @ 14/7/2016, 14:41) 
    Ma tu vai in viaggio di nozze. U.U

    e quindi?!?!?!??! fino a ottobre lavoro ç____________ç
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    Io non parto fino ad ottobre :o: :choked: :cry: :cry: :cry: :cry: :cry: :cry:
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    Deirdre C. FitzGerald -
    D#1

    « Dio è nella pioggia. »


    Era strano vedere tanta innocenza là dentro. Innocenza, sì, perché la giovane ragazzina mora davanti a me tutto poteva essere fuorché un personaggio negativo. Sembrava vivere in un mondo tutto suo fatto di chissà quali misteri, chissà quali sogni e chissà quali speranze. Era difficile rimanere se stessi in quel posto, ma qualcuno, qualche folle sognatore, ci riusciva. Io, probabilmente, mi stavo perdendo molto più di quanto pensassi.
    Continuai a mangiare la mia mela, cercando di tenere a freno i miei poteri. Avevo imparato, col tempo, che più lì controllavo meno soffrivo sentendomeli schiacciati dai controlli della Prigione. Quei neon servivano per non farli uscire allo scoperto, ma se prima io lavoravo su me stessa potevo vivere quasi "normalmente": un paradosso. Ma la mia vita era un paradosso continuo.
    Osservai le labbra della giovane ragazza al mio fianco studiandone i tratti più fini, percependo, lontano, impalpabilmente, l'acqua che scorreva nel suo corpo potente e vibrante. Una fitta di emicrania mi ricordò dov'ero e come dovevo agire. Scossi il capo e strinsi gli occhi prima di ritornare a concentrarmi sulla ragazza.
    Non dispiacerti...
    È meno peggio di quanto si immagini.

    Feci un ghigno piccolo, uno di quelli che usavo tanto nell'alta società e che spesso mi avevano contraddistinta. Uno di quei gesti che non facevo da tempo.
    Quando si ha un buon libro e un buon cervello non serve tanto altro.
    Il cinismo ormai era diventato il mio migliore amico.
    Tuttavia dopo un po' di anni fa anche piacere fare due chiacchiere con qualcuno.
    Sorrisi leggermente, non uno di quelli che arrivava agli occhi, ma neanche un sorriso falso o ipocrita.
    Quella giovane si era avvicinata a me senza chiedere nulla se non di essere accolta come una nuova conoscenza. Aveva fatto quello che, nessun altro, fino a quel momento, aveva provato a fare.
    Ascoltai la sua presentazione e annuii memorizzando immediatamente nome e cognome: avevo una memoria eccellente per questo tipo di dati.
    Era molto profonda, quasi saggia. Immaginai che avesse un qualche potere legato alla preveggenza o al controllo mentale: era troppo serafica e seria per avere non più di 14-15 anni.
    Io leggo i badge esclusivamente delle guardie, Kaya. Non amo scoprire i nomi dei miei interlocutori da un pezzo di plastica, non se li reputo al mio livello.
    Ed era vero. Probabilmente odioso e forse un po' snob, ma io ero anche quella: diretta, poco incline al buonismo o alla diplomazia eccessiva. Per questo, pensai, apprezzavo tanto Il Gran Bastardo. Eravamo molto più simili di quanto sembrasse.
    Allungai la mano verso di lei e le strinsi la sua appena me la porse.
    Deirdre FitzGerald, molto piacere.
    Era sicuramente americana: l'accento, la postura, anche il modo di gesticolare erano segni evidenti del suo essere statunitense. Noi del vecchio mondo ce ne accorgevamo subito. Mentre ragionavo sulla sua provenienza finii la mela, poggiai il torsolo sul vassoio che avevo davanti e mi pulii la bocca con un tovagliolo. I miei gesti erano dati dall'educazione e dall'abitudine di una vita: avrei potuto cenare in un cinque stelle o in una mensa come quella del Saint Stan ma non avrei mai perso il mio aplomb.
    Sei particolare Kaya.
    Lo pensavo davvero.
    Avevo ripetuto il nome perché amavo porre l'attenzione su di esso. Il nome era ciò che ci rappresentava, era una parte di noi. Non bisognava mai dimenticarselo, come non bisognava mai dimenticarsi di se stessi.
    Una delle cose che non amavo di questa "Resistenza" che si era formata, era proprio l'abbandono dei nomi propri con la preferenza dei "nomignoli" legati al proprio essere mutanti. Dopotutto io ero una mutante ma ero, prima di tutto, una persona.
    Da quanto tempo sei qui, Kaya?
    Mi voltai meglio, portandomi a cavalcioni sulla panca, così da avere una visuale migliore sia di lei che della sala. Non si sa mai cosa può accadere in una mensa piena di gente.






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    Ciao Mary benvenuta!!!
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    Benvenuto e complimenti per la presentazione... Intensa e partivoare.
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    Ciao Giorgia :) sei nella mia città preferita in assoluto *_____*
    Benvenuta tra noi 😍
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    Benvenuto!!!!!:)
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    Benvenuto Paolo :)
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    Deirdre C. FitzGerald -
    D#1

    « Dio è nella pioggia. »


    Masticavo svogliatamente quell’intruglio strano che avevo nel piatto senza, davvero, capire cosa fosse e che sapore avesse.
    I primi periodi al Saint Stan erano stati di ambientamento: abituata alla ricchezza, alle molteplici possibilità, agli innumerevoli spazi, agli infiniti doni che la mia posizione portava, essere rinchiusa in quattro mura con una sbobba insapore tre volte al giorno, non era stato facile.
    Eppure, grazie alla mia forza di volontà, e a nient’altro, ero sopravvissuta. Avevo passato le prime settimane a piangere nel cuscino della mia cella, sentendo i miei poteri alienarmi perché impossibilitati nell'esprimersi, eppure avevo resistito. Avevo tirato fuori quella caparbietà, quel coraggio e quella storicità tipici della mia famiglia.
    Rimasi con la forchetta a mezz'aria per qualche secondo pensando alla mia famiglia. Tendevo a soffermarmi il meno possibile sulle loro immagini per evitare di sentirmi nuovamente schiacciata, abbattuta, triste. Erano due anni e mezzo che non li vedevo, due anni e mezzo che non solo ero in isolamento dai miei colleghi detenuti, ma mi era impossibile ricevere una qualsiasi visita. E qual era il mio primo contatto con il mondo esterno? Una mensa affollata di mutanti indeboliti, stremati, annientati. Che bei momenti.
    Finii la “portata principale” ed osservai il vassoio bianco su cui spiccava una mela verde. Amavo l’acidità di quel frutto. La scelta della frutta era praticamente l’unico vezzo culinario che avevamo. Se pensavo ai ristoranti frequentati nella mia vita precedente mi veniva da ridere.
    Presi il pomo tra le mani e lo pulii delicatamente in un piccolo tovagliolo di carta. Avrei preferito tagliarlo a spicchi, pelarlo e solo dopo mangiarlo con eleganza, ma eravamo in galera, non in un ristorante da tre stelle Michelin. Quando le mie labbra sentirono la buccia liscia della mela, le mie orecchie percepirono un intrusione nel mio campo di solitudine.
    Spostai lo sguardo al mio fianco e notai un ragazzina seduta vicino a me, con un caschetto scuro, magrissima, quasi impalpabile, ma con due occhi così profondi che avrei potuto caderci dentro se non fossi stata attenta. Riavvolsi il nastro e riascoltai ciò che aveva detto.
    Isolamento. Questa è la divisa di chi è in isolamento.
    Il che è un paradosso dato che sto chiacchierando con te.

    Non c’era acidità o fastidio nella mia voce, quanto, piuttosto, semplice razionalità.
    Stavo ancora cercando di capire per quale astruso motivo fossi lì, in quel momento, con tutti i miei compari a mangiare in compagnia. Ed io non amavo non capire.
    Addentai finalmente la mela e il sapore acido del frutto invase le mie papille gustative che si risvegliarono dopo quel pranzo così poco piacevole. Solo dopo un po’ mi voltai di nuovo, poggiai il gomito sul tavolo (cosa che mai avrei fatto fuori da quella gabbia di matti in cui ero) e di nuovo guardai quella che altri non era che una ragazzina. Possibile che qualcuno di così piccolo e fragile potesse essere un pericolo per gli esseri umani? Dov’era la loro “umanità” quando impedivano ad una giovane di vivere la sua vita con piena libertà?
    Come ti chiami ragazzina?
    In un contesto più adatto alla mia persona e al mio cognome la domanda corretta sarebbe stata “Buongiorno signorina, piacere di conoscervi ecc. ecc.”. Ma i formalismi, lì, erano totalmente inutili. Oh non andate a pensare che sia una spocchiosa snob con la puzza sotto il naso, tutt’altro. Ma ho sempre amato tanto le buone maniere, il Voi nel parlare, la regalità. Ripetevo spesso che se fossi nata nell’800 avrei vissuto meravigliosamente in mezzo a tutti quei galantuomini.
    Mi concentrai sulla mia compagna di tavolo e continuai a mangiare il quel dolciastro succo verde acido che solleticava il palato con il suo gusto intenso mentre memorizzavo ogni singolo tratto del viso di quella giovanissima donna. Chissà qual era il potere che l’aveva portata in quel posto infame.











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